La tutela ambientale in Italia #1

Posted by Marco Frattola on March 22, 2005
ambiente

Fare informazione anche sui temi ecologici, è un obbligo.
Perchè alla fine sono i paesi come il Brasile ed altri con enormi risorse naturali, a manifestare una maggiore sensibilità verso quello che viene definito sviluppo sostenibile.

I paesi industriali del nord del mondo, invece, hanno generalmente un atteggiamento più superficiale e distratto, quando si tratta di capire quale veramente sia la strada migliore e più equilibrata per continuare nel progresso tecnologico, e si dimenticano con troppa disinvoltura che le risorse di questo pianeta non sono spremibili all’inverosimile a piacimento dell’umanità consumistica.

In Italia, la conoscenza dei temi ambientali – per quanto percepisco io qui nel nord industrializzato, a cavallo tra Emilia e Lombardia – è limitata ad un’educazione scolastica tra l’inesistente e il banale, a della propaganda dei politici che occupano il municipio e a (talvolta miserrimi) exploit francamente troppo politicizzati di organizzazioni (pur utilissime) come Legambiente ed affini.

Allora mi sono chiesto: è mai possibile che si faccia così poco, in Italia, da questo punto di vista?
A dirla tutta, la situazione non è poi così stagnante, e le informazioni ci sono, sia governative che non. Hanno forse il difetto di essere poco fruibili e poco visibili/attraenti per un medio-distratto navigatore della Rete.

A partire da un articolo su Unimondo (”Italia: ratifica della convenzione sulla chimica“), sono arrivato al Ministero dell’Ambiente, per poi finire al sito Amici della Terra.

dal Min.Ambiente (”Ambiente: presto nuove norme per i Pop, gli inquinanti organici persistenti”):

Contro l’inquinamento da Pop, le sostanze organiche persistenti, presto nuove norme in Italia. Il Consiglio dei Ministri ha dato infatti via libera, in prima lettura, allo schema di disegno di legge che ratifica e dà esecuzione nell’ordinamento nazionale al Protocollo firmato ad Aarhus [1] il 24 giugno del 1998 che mette al bando o limita l’uso di alcune sostanze chimiche come insetticidi, pesticidi, diossine e furani.
Obiettivo del Protocollo è quello di ridurre o eliminare la dispersione in atmosfera di inquinanti organici persistenti sia attraverso la messa al bando della produzione e dell’utilizzo delle sostanze più pericolose; sia attraverso una restrizione del loro uso e l’introduzione delle migliori tecnologie disponibili.
(…)

Questo dovrebbe essere un passo verso l’adozione del nuovo Regolamento Europeo sulle sostanze chimiche “REACH”, una proposta di legge europea che dovrebbe portare a identificare ed eliminare gradualmente le sostanze chimiche più dannose.
Il termine REACH significa Registrazione, Valutazione e Autorizzazione delle sostanze chimiche (Registration, Evaluation and Authorisation of CHemicals); attraverso questa regolamentazione, che dovrebbe essere abbastanza rigida, i produttori di sostanze chimiche saranno costretti a sottostare a cicli di documentazione e valutazione da parte di comitati scientifici preposti, al fine di costituire, attraverso tale fornitura di dati e la ricerca, una progressiva selezione ed eliminazione dalla produzione di sostanze ritenute provatamente dannose, secondo quattro fasce di pericolosità (# Cancerogeni; mutageni; tossine riproduttive; # persistenti, bio-accumulabili e tossiche; # molto persistenti e molto bio-accumulabili; # interferenti endocrini).
Tale regolamento è – a detta del WWF – ancora debole, nel garantire un’efficace epurazione dalla produzione di quei prodotti altamente pericolosi,

poiché consente di continuarne l’uso anche qualora siano disponibili alternative più sicure

.

Tornando al discorso del grado di informazione dei cittadini in materia, sempre il Min.Ambiente ha commissionato all’ISPO (sì, proprio quello di Mannheimer!) un monitoraggio (base semestrale) sul livello di sensibilità degli italiani nei confronti dell’ambiente, dal quale sarebbe emerso che tali italiani sono poco informati (e male!).
Dalla stessa pagina:
(http://www.minambiente.it/Sito/comunicati/2005/14_03_05.asp), cito un pezzo …

Italiani poco informati in ambiente. Il 52 per cento, infatti, è per nulla o poco informato sui temi ambientali, contro un 40 per cento abbastanza o molto informato (solo il 3 per cento molto informato). Le maggiori preoccupazioni nei confronti dei problemi ambientali riguardano l’inquinamento dell’aria, il nucleare, la gestione dei rifiuti. Minore attenzione si presta, invece all’inquinamento acustico, all’inquinamento di fiumi e laghi, all’elettrosmog, all’abusivismo edilizio. (…)
Tra le fonti di informazione sui temi ambientali, il primo posto spetta alle tv locali e nazionali (60,1 per cento), seguite da quotidiani e riviste, (39,3 per cento), dalle radio (19,6 per cento).

“I dati ci confermano che finora – ha detto Paolo Togni, direttore dell’Ufficio per la Comunicazione e per le Relazioni con il Pubblico, del Ministero dell’Ambiente – è circolata molta disinformazione in materia ambientale. Il Ministero intende compiere un lungo processo di disseminazione della conoscenza ambientale verso una coscienza ed una consapevolezza condivisa a tutti i livelli istituzionali”. (…)

… e alcune cifre che fanno pensare:

Stato dell’Ambiente in Italia 2005
Il primo Compendio sullo Stato dell’ambiente in Italia esamina nove temi ambientali informando sulla situazione attuale, sulle politiche adottate, sulle leggi approvate, sugli interventi realizzati. Si tratta di uno strumento snello e facilmente consultabile. Ecco alcuni dati contenuti nel Compendio.
Inquinamento acustico – A fine 2003 erano 1.355 i comuni che avevano approvato la classificazione acustica del loro territorio nelle 6 fasce previste (da aree particolarmente protette a aree industriali). In fase avanzata l’attuazione dei decreti che riguardano i limiti acustici per le infrastrutture: sono stati presentati i piani di risanamento delle infrastrutture ferroviarie, mentre per quelle stradali i gestori si stanno attivando. Dal punto di vista della regolamentazione dell’inquinamento acustico, l’Italia è all’avanguardia in Europa: solo la Francia, ad esempio, ha limiti acustici per le infrastrutture.
Mobilità - In 22 anni, dal 1980 al 2001, il traffico annuale di passeggeri nelle aree urbane è passato da 136,4 miliardi di passeggeri chilometro a 307,9, con un incremento del 126%. Le automobili hanno fatto la parte del leone in questo aumento con + 133,7 miliardi di p-Km, mentre c’è stato un decremento di – 4 miliardi p-Km con i mezzi collettivi. Nello stesso periodo anche il traffico merci su gomma è aumentato del 43%. In Italia c’è il record delle auto con 60 autovetture ogni 100 abitanti (record a Roma con 76) contro una media europea di 45. Proprio il trasporto è il principale fattore di pressione per quanto riguarda le emissioni inquinanti in aria. Nelle otto principali città italiane il settore trasporti contribuisce per più del 70% alle emissioni di PM10 e di ossidi di azoto e per più del 95% a quelle di benzene.
Aria – Negli anni la qualità dell’aria in città è mutata con sostanziali miglioramenti per quanto riguarda le concentrazioni dei composti dello zolfo, del monossido di carbonio, del piombo e del benzene. Le criticità attuali riguardano il PM10, l’ozono e il biossido di azoto.
Siti da bonificare - Sono stati censiti 12.797 siti da bonificare (mancano i dati di Piemonte e Abruzzo), in 1.674 la bonifica è in corso, 317 sono stati bonificati ed altri 770 sono stati bonificati con criteri regionali. Dei 50 siti di interesse nazionale, per 48 è in corso la caratterizzazione o la bonifica.
Natura – Nel 2004 è stata realizzata la carta della natura. Negli anni 2002-2004 è aumentata del 21% circa la superficie delle aree marine protette. Nel 2004 sono stati istituiti due nuovi parchi nazionali (Alta Murgia e Val d’Agri) con un incremento dell’1% della superficie protetta.
Acqua – A 10 anni dalla legge 36 di riforma del settore idrico sono 87 (il 96%) gli Ato (Ambiti territoriali ottimali) insediati. I prelievi di acqua avvengono per la maggior parte da pozzi (48,6% del volume complessivo prelevato) e da sorgenti (37,8%). Torino e Cagliari hanno il maggior consumo di acqua per uso potabile.
Rifiuti - Ogni anno in Italia si producono 122 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 29,8 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani. La raccolta differenziata nel 2003 ha raggiunto quota 21,5%. Tra il 1997 e il 2002 la quota dei rifiuti urbani smaltiti in discarica è diminuita dell’11%. Nel 2003 sono stati inceneriti l’8,8% dei rifiuti urbani.

Lo `sviluppo sostenibile` però può riguardare anche noi, e qualcuno ci ha pensato: basta dare un’occhiata alla “La Strategia Mediterranea per lo Sviluppo Sostenibile”, della quale scriverò nell’articolo #2 …

a presto…
MkF

Note dell’autore:
[1] Convenzione di Aarhus:
http://www.minambiente.it/SVS/aarhus/convenzione/convenzione.htm

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